Western Digital presenta il primo hard disk al mondo da 20 TB, destinato ai data center

Nonostante la rapida avanzata dei dischi basati su memorie a stato solido, più comunemente noti con l’acronimo SSD, continuano a rimanere rilevanti i dischi “tradizionali” che sfruttano piatti rotanti su cui le informazioni sono registrate magneticamente. Il principale vantaggio di questa tecnologia, nata intorno alla metà del secolo scorso, sta nel minore prezzo a parità di capienza e proprio su questo punto Western Digital ha puntato con i suoi nuovi dischi per data center: i nuovi Ultrastar DC HC650 da 20 TB e UltraStar DC HC550 da 18 TB con tecnologia EAMR.

Western Digital alza l’asticella della capienza con i dischi Ultrastar da 18 TB e 20 TB

Uno dei problemi che stanno emergendo in maniera sempre più forte è quello della difficoltà di creare dischi che offrano più capienza: per incrementare la quantità di dati registrabili su un disco è necessario aumentare la dimensione del piatto o ridurre la dimensione della traccia magnetica su cui i dati vengono scritti. Questa seconda strada è quella che viene percorsa da diversi decenni, ma la dimensione estremamente ridotta cui sono arrivate le tracce ora fa emergere un problema: scrivendo su una traccia si rischia di scrivere su quella adiacente. Come risolvere questo problema?

Le risposte arrivate dal settore sono diverse: HAMR, o Heat Assisted Magnetic Recording (registrazione magnetica aiutata dal calore), tecnologia scelta da Seagate; MAMR, o Microwave Assisted Magnetic Recording (registrazione magnetica aiutata dalle microonde); EAMR, o Energy Assisted Magnetic Recording (registrazione magnetica aiutata dall’energia). Il concetto alla base delle prime due di queste tecniche è il medesimo: se si scalda il supporto metallico del disco è possibile ridurre la coercitività, ovvero l’intensità del campo magnetico necessaria per effettuare una scrittura, a un livello tale per cui le tracce adiacenti non vengono impattate. Western Digital aveva inizialmente svolto delle ricerche per sviluppare la MAMR, ma ha poi scelto di adottare EAMR come tecnica per i nuovi dischi.

La tecnologia EAMR utilizzata da Western Digital

EAMR prevede che si applichi una corrente a uno dei due poli della testina di scrittura così da creare un campo magnetico aggiuntivo che va a indirizzare meglio il campo prodotto dalla testina stessa e, quindi, permette di ridurre l’area su cui si opera. In altri termini, la scrittura viene resa più precisa.

È grazie a questa tecnologia che è stato possibile per Western Digital portare la densità al punto tale da ottenere hard disk da 18 TB e 20 TB. Questi dischi utilizzano 9 piatti da 2 TB circa ciascuno: un salto in avanti notevole rispetto a qualche anno fa, quando per ottenere 2 TB di memoria era necessario utilizzare quattro diversi piatti da 500 GB.

Triplo attuatore

Per poter ottenere l’affidabilità necessaria a scrivere tracce dalle dimensioni così ridotte, Western Digital ha sviluppato anche quelli che chiama “attuatore a tre stadi“: sono presenti tre diversi snodi sul braccio della testina che permettono di ottenere un maggiore controllo sul posizionamento di quest’ultima e, quindi, migliori prestazioni.

Dall’altro lato, però, la EAMR non è sufficiente per arrivare a ottenere 20 TB. Western Digital è dovuta ricorrere anche a un’altra tecnologia: SMR, o Shingled Magnetic Recording. Anziché avere le tracce parallele e senza punti di contatto, la tecnologia SMR permette di sovrapporre leggermente due tracce per ottenere una maggiore densità. Ne abbiamo parlato diffusamente nel nostro pezzo sulla tecnologia SMR.

Contrariamente ai modelli per utenti privati, però, l’Ultrastar DC HC650 da 20 TB è di tipo host-managed SMR. Questo significa che il disco viene gestito interamente dal sistema operativo: è questi a dover gestire le riscritture e la cache e in questo modo si riesce a ottenere una migliore gestione di queste, dato che il sistema operativo può gestire le code di scrittura in modo da massimizzare le prestazioni. Western Digital propone questi dischi come l’ideale per situazioni in cui sono necessarie prestazioni di alto livello nella lettura e nella scrittura sequenziali, ma non in quelle casuali.

Il modello Ultrastar DC HC550 da 18 TB adotta, invece, la tecnologia CMR tradizionale e non richiede quindi alcuna gestione da parte del sistema operativo, oltre ad offrire prestazioni maggiormente costanti con tutti i carichi di lavoro.

Western Digital sposta quindi l’asticella della capienza dei dischi tradizionali un po’ più in alto, in attesa dello sviluppo di nuove tecnologie come MAMR che dovrebbero rendere possibile una riduzione ancora più forte delle dimensioni delle tracce. Il principale vantaggio derivante dall’uso di questi dischi sta nel fatto che è possibile ottenere una maggiore capacità complessiva a parità di spazio occupato: in un JBOD da 100 dischi è possibile arrivare a 2 petabyte di spazio di archiviazione, risparmiando al contempo sui consumi energetici sia dei dischi che dell’impianto di raffreddamento.

La disponibilità dei nuovi dischi è prevista per il prossimo trimestre.