TSMC: carenza di chip anche nel 2022, la luce in fondo al tunnel nel 2023?

TSMC, il principale produttore di chip per conto terzi, ha fatto sapere che la carenza di semiconduttori che sta colpendo il mondo dell’elettronica di consumo e quello dell’auto, e in generale qualsiasi ambito, potrebbe estendersi nel corso del 2022 e arrivare a toccare il 2023. Nvidia, che si avvale sia dei servigi di TSMC che quelli di Samsung, nelle scorse ore aveva parlato di una carenza di GPU che si sarebbe protratta anche nella seconda parte del 2021.

La domanda supera l’offerta, e nessun produttore di chip possiede una bacchetta magica per risolvere dall’oggi al domani una situazione che richiede molti mesi – anche se ormai si può parlare di anni – per essere portata alla normalità. Non tutti i settori soffriranno allo stesso modo e per esempio i clienti di TSMC del mondo dell’auto – che Intel ha messo nel mirino – inizieranno a vedere qualche timido miglioramento a partire dal prossimo trimestre, ma complessivamente il deficit produttivo continuerà per tutto l’anno e si protrarrà anche nel prossimo, secondo quanto dichiarato C.C. Wei, CEO di TSMC, in una conference call con gli analisti.

Per quest’anno la società taiwanese prevede investimenti di circa 30 miliardi di dollari per espandere e migliorare la capacità produttiva, dopo una spesa di 8,8 miliardi di dollari nel primo trimestre. In precedenza, l’azienda aveva pronosticato un esborso di 28 miliardi per il 2021 e nelle scorse settimane si è parlato di un investimento in capacità produttiva pari a 100 miliardi di dollari in tre anni.

TSMC ha pronosticato un fatturato tra 12,9 e 13,2 miliardi di dollari per il secondo trimestre, con un risultato annuo che potrebbe salire del 20% rispetto al 2020. “Vediamo una domanda che continua ad essere elevata“, ha detto Wei. “Nel 2023 spero che potremo offrire più capacità per supportare i nostri clienti. A quel punto, inizieremo a vedere un leggero allentamento della tensione nella filiera“.

2023. Sì avete letto bene, secondo TSMC le cose non si risolveranno da qui a un anno e mezzo. Certo, l’azienda non è entrata nei dettagli, ma il fatto che sposti così lontano la data in cui le cose raggiungeranno un livello accettabile è come mettere un enorme punto di domanda sul futuro, quasi a voler dire che “si vive alla giornata”. Vi sono poi gli imprevisti. L’ondata di gelo in Texas qualche settimana fa ha bloccato per diverse settimane un impianto di Samsung e quelli di altri produttori, vi è poi stato un incendio in una fabbrica di Renesas e Taiwan, dove opera TSMC, sta vivendo un periodo di siccità che mette a rischio la produzione di semiconduttori.

Nella giornata di mercoledì, TSMC è stata costretta a fermare parte della produzione nella Fab-14A P7 a causa di un’interruzione di corrente che ha colpito il Southern Taiwan Science Park. Secondo il quotidiano locale Digitimes, questo episodio potrebbe aver danneggiato fino a 40.000 wafer di chip, prodotti però con processi produttivi di vecchia generazione (40, 45, 65 e 90 nm), quindi non quelli usati per le GPU e i chip delle console di ultima generazione, ma più probabilmente destinati all’industria dell’auto. Si parla di un impatto finanziario per TSMC tra 28 e 35 milioni di dollari.

Per quanto concerne le performance finanziarie di TSMC nel primo trimestre, il fatturato ha toccato 12,92 miliardi di dollari, in crescita del 25,4% su base annua con un utile netto di 4,93 miliardi di dollari e un margine lordo del 52,4%. Il processo produttivo N7 (7 nanometri) ha pesato in modo preponderante sui conti dell’azienda, toccando il 35%, seguito dai processi a 5 e 16 nanometri (N5 e N16) con il 14%. I 28 nanometri rimangono ancora piuttosto popolari con un giro d’affari dell’11%. Il processo produttivo a 5 nanometri è sceso dal 20% di fine 2020 al 14% del Q1 2021 a causa di una riduzione degli ordini di Apple; parallelamente il peso dei 7 nanometri è cresciuto dal 29% al 35% grazie agli ordini dei produttori di componenti per PC e server.