Secondo quanto riportato dal Financial Times, l’amministrazione Trump avrebbe rivisto la normativa sulle esportazioni, introducendo il divieto di vendita anche dei software per la progettazione di chip. Parliamo dei software EDA (o ECAD) che consentono di effettuare progettazione, verifica e organizzazione della produzione di PCB, circuiti integrati e SoC.
Chiaramente, l’obbiettivo è ridurre il più possibile gli strumenti a disposizione dei produttori cinesi per realizzare tecnologie che concorrono con quelle americane. Tra le aziende citate dalla testata americana vi sono: Synopsis, Cadence e Siemens EDA.
Per tutte e tre le società, la Cina rappresenta uno dei mercati più importanti per il proprio business. Per avere un metro di paragone, nel 2024 Synopsis ha registrato entrate per quasi 1 miliardo di dollari in Cina, pari a circa il 16% del fatturato totale. Cadence, dal canto suo, ha affermato che nello stesso anno la Cina ha generato entrate per 550 milioni di dollari, pari al 12% del fatturato totale.
Stando a quanto sostiene il Financial Times, il Dipartimento del Commercio statunitense avrebbe intimato queste società di interrompere i propri rapporti con la Cina attraverso una comunicazione formale. Tuttavia, non vi sono conferme in merito alla comunicazione. Cadence e Synopsys, al momento, non hanno commentato la notizia.
Siemens, invece, ha dichiarato che il settore EDA è stato informato venerdì scorso sui nuovi controlli sulle esportazioni. Tuttavia, ha anche chiarito che la società supporta i clienti cinesi da oltre 150 anni. “Continueremo a collaborare con i nostri clienti a livello globale per limitare l’impatto di queste nuove restrizioni, operando nel rispetto dei regimi nazionali applicabili al controllo delle esportazioni“.
Questi aggiornamenti arrivano in un momento estremamente delicato. Sappiamo, infatti, che Cina e Stati Uniti stanno valutando nuovi accordi commerciali che, secondo Trump, dimostrano la debolezza della politica e dell’autonomia cinese.
L’ex analista della CIA in Cina, attualmente a capo del China Strategies Group, Christopher Johnson invece ritiene che la Cina sia riuscita a sfruttare con successo la sua morsa sulle terre rare, costringendo gli Stati Uniti a sedersi al tavolo delle trattative.
Al momento, l’unico accordo raggiunto è una proroga dei dazi reciproci di 90 giorni che, tuttavia, secondo Johnson è piuttosto precaria. Per quanto sia stata accettata da entrambe le amministrazioni, l’analista ritiene che il rischio di far saltare l’accordo è concreto e costante.