Perché si parla tanto del nuovo chip Kirin 9000s 5G prodotto da Huawei?

L’azienda cinese Huawei ha presentato la scorsa settimana in Cina il suo nuovo smartphone HUAWEI Mate 60 Pro. Lo smartphone funziona con un chip prodotto localmente, può utilizzare le reti 5G ed è basato su una tecnologia che era considerata al di là delle possibilità attuali della Cina. Il nuovo smartphone sembra quindi indicare che le politiche del governo cinese per aumentare le proprie capacità tecnologiche nel settore abbiano ottenuto dei risultati. Le pesanti restrizioni imposte dagli Stati Uniti per bloccare l’avanzamento della Cina nel settore dei chip non sembrano invece aver funzionato completamente: la Cina potrebbe essersi resa molto più indipendente nel settore rispetto a quanto si credeva possibile.

La Cina non si ferma alle restrizioni tecnologiche degli USA

Il processore Kirin 9000s che equipaggia il telefono è realizzato dall’azienda cinese SMIC con tecnologia a 7 nanometri, nonostante le limitazioni all’export volute da Washington per impedire progressi nell’industria strategica dei chip. Si riteneva che senza l’accesso a tecnologie chiave come la litografia EUV, la Cina non potesse competere con i produttori di Taiwan e Corea. Invece Huawei ha stupito tutti annunciando un device con chipset che nulla ha da invidiare ai modelli equivalenti prodotti a Taiwan. Un successo propagandato dai media locali come dimostrazione della capacità della Cina di progredire nonostante gli sforzi americani di contenimento.

Con una tempistica non casuale, il lancio è avvenuto in concomitanza con la visita della segretaria al Commercio USA Gina Raimondo, quasi una provocazione. Ma dietro c’è una partita ben più ampia, quella per il dominio tecnologico nel settore dei semiconduttori, ritenuto sempre più strategico e al centro della rivalità USA-Cina.

Washington ha imposto dal 2019 pesanti restrizioni a Huawei, con l’obiettivo dichiarato di rallentare lo sviluppo della tecnologia cinese in ambito militare, viste le crescenti tensioni geo-politiche con Pechino. In particolare, si voleva impedire acquisizioni nel campo dei chip più avanzati, necessari per AI e armamenti. Gli Usa e i loro alleati detengono quasi un monopolio in quest’ambito. Ma gli enormi investimenti del governo cinese iniziano a dare frutti. HUAWEI Mate 60 Pro segna un punto a favore di Pechino in quella che può essere definita una “guerra dei chip”, benché restino dubbi sulla reale capacità produttiva dei nuovi chip.

Kirin 9000s può davvero permettersi la ”mass production”?

Il processore è realizzato con macchine litografiche DUV (Deep Ultra Violet), diffuse e alla portata anche di aziende cinesi. Ma manca l’accesso alle più avanzate litografie EUV (Extreme Ultra Violet), indispensabili per nodi sempre più evoluti. Progettare da zero una macchina EUV è operazione complessa e lunga, mentre l’Occidente è già avanti. Difficile quindi che la Cina possa colmare presto il divario tecnologico, nonostante gli annunci trionfalistici. Ma non basta avere gli strumenti produttivi: bisogna saperli sfruttare efficacemente, con rese elevate. L’inesperienza cinese in questo campo potrebbe frenare lo sviluppo. In sostanza, il chip del Mate 60 Pro segna un progresso, ma con tutta probabilità rappresenta un limite oltre il quale sarà arduo spingersi senza collaborazioni internazionali. La strada dell’autosufficienza appare irta di ostacoli.

Il divario con TSMC e Samsung pare ancora significativo, ma Huawei ha lanciato un segnale: nonostante le avversità può competere con colossi tech grazie alla tecnologia domestica. Un assist prezioso alla propaganda di regime. La posta in gioco è altissima: chi detterà gli standard per i chip del futuro, controllerà interi settori tecnologici. Ecco perché gli Usa tentano di arginare lo sviluppo cinese con ogni mezzo. Ma Mate 60 Pro dimostra che la partita è tutt’altro che chiusa.

Per Huawei si tratta di una boccata d’ossigeno fondamentale in un periodo nero, segnato dal bando commerciale americano. Il nuovo gioiello made in China ridà lustro al colosso tech in difficoltà. E accende i riflettori sulla silenziosa ma rapida crescita dell’industria cinese dei semiconduttori. Pechino ha stanziato questa settimana 40 miliardi di dollari per ridurre il divario coi rivali. L’obiettivo è conquistare l’autosufficienza tecnologica, come richiesto più volte dal presidente Xi Jinping. Mate 60 Pro è un mattone importante in questa nuova Grande Muraglia digitale.

La strada è ancora lunga, ma il lancio dello smartphone Huawei certifica i primi frutti degli investimenti governativi. Una vittoria simbolica che Washington avrebbe preferito evitare. La “guerra dei chip” non accenna a placarsi e ora la Cina può contare su una freccia in più al suo arco. Di certo si dovrà ora attendere e capire se effettivamente la Cina con SMIC è pronta per la produzione di massa dei chip a 7nm o se invece il processore rimarrà esclusivo dei flaghship segno inequivocabile che in Cina la produzione di grandi numeri non è possibile, almeno per ora.