Novità dalle analisi dell’asteroide Bennu, esplorato dalla sonda NASA OSIRIS-REx

Negli ultimi anni si è parlato e scritto diffusamente di asteroidi e comete che viaggiano all’interno del Sistema Solare. Questi oggetti celesti sono interessanti da diversi punti di vista perché potrebbero rappresentare un pericolo per la Terra (come si pensava inizialmente di 2024 YR4) ma anche una risorsa sia economica, grazie all’estrazione di materie prime, ma anche d informazioni circa il Sistema Solare primordiale e l’origine della vita (sulla Terra o su altri pianeti). Per questo sono state eseguite missioni come Hayabusa e Hayabusa 2, sono in corso analisi su 3I/ATLAS (cometa interstellare) e sono state lanciate le missioni Tianwen-2, NASA Lucy e NASA Psyche e ESA Hera.

asteroide bennu

Tra le missioni completate c’è stata NASA OSIRIS-REx (attualmente rinominata OSIRIS-APEX e diretta verso Apophis nel 2029) che ha esplorato e raccolto campioni dell’asteroide Bennu. Un importante risultato scientifico che è ancora in fase di studio e analisi con i campioni che stanno rivelando importanti informazioni grazie al lavoro dei ricercatori. A gennaio era stato annunciato che all’interno dei campioni dell’asteroide Bennu sono state trovate molecole legate allo sviluppo della vita, ma non è tutto.

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Come scritto, le analisi sui campioni raccolti da OSIRIS-REx sono ancora in corso e recentemente è stato pubblicato su Nature uno studio dal titolo The variety and origin of materials accreted by Bennu’s parent asteroid che parla proprio delle ultime novità in merito.

Gli scienziati sono sempre più convinti che oggetti come l’asteroide Bennu possano essere considerate delle “capsule del tempo” che potrebbero permettere di ricostruire molte informazioni sul nostro sistema planetario e sulla sua evoluzione grazie a un vero e proprio mosaico di sostanze provenienti da tutto il Sistema Solare, e persino oltre.

Alcune delle novità dell’asteroide Bennu

L’asteroide di circa 500 metri di diametro sarebbe il risultato di diverse importanti collisioni avvenute miliardi di anni fa nella Fascia Principale degli asteroidi, che si trova tra Marte e Giove. Alcune sue parti deriverebbero da un asteroide più grande formatosi circa 4 miliardi di anni fa con materiali eterogenei. In particolare questo oggetto progenitore potrebbe essersi formato nelle regioni esterne del Sistema Solare, forse in zone oltre Giove o Saturno. A sua volta l’asteroide sarebbe stato colpito da un altro asteroide, frantumandosi per poi ricomporsi più volte a causa dell’attrazione gravitazionale.

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Nei campioni è stata trovata quella che potrebbe essere polvere stellare che esisteva anche prima del Sistema Solare. L’analisi è stata possibile grazie allo studio degli isotopi su scala nanometrica trovandone alcuni che non corrispondono a quelli noti nel nostro sistema.

Jessica Barnes (professoressa associata dell’Università dell’Arizona) ha dichiarato “si tratta di frammenti di polvere di stelle provenienti da altre stelle morte da tempo, che sono stati incorporati nella nube di gas e polvere da cui si è formato il nostro Sistema Solare. Inoltre, abbiamo trovato materiale organico con isotopi altamente anomali, probabilmente formatisi nello Spazio interstellare, e abbiamo strutture che si sono formate più vicino al Sole. Per la prima volta, dimostriamo che tutti questi materiali sono presenti in Bennu”.

bennu

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Le analisi sembrerebbero confermare che Bennu, Ryugu (Hayabusa 2) e altri antichi asteroidi trovati sulla Terra possano aver condiviso la zona d’origine del Sistema Solare primordiale. Ci sono comunque delle differenze che farebbero ipotizzare come il materiale di partenza sia cambiato più volte nel corso del tempo o che non fosse distribuito in maniera omogenea.

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Sempre le analisi avrebbero dimostrato come parte dei materiali iniziali sarebbero rimasti immutati nel tempo ma la maggior parte avrebbe invece subito delle modifiche a causa dell’interazione con acqua e calore, come spiegato nello studio dal titolo Mineralogical evidence for hydrothermal alteration of Bennu samples.

La spiegazione plausibile è che l’asteroide Bennu abbia raccolto ghiaccio d’acqua presente nel Sistema Solare esterno durante la sua storia, che si sarebbe poi sciolto. Gli scienziati hanno trovato silicati che avrebbero reagito con l’acqua liquida a temperature di circa 25°C tanto che l’80% dei minerali contiene acqua al suo interno. Il calore sarebbe stato trattenuto nelle fasi iniziali di formazione oppure dai diversi impatti successivi o, ancora, a causa del decadimento radioattivo di alcuni elementi che si trovano nella parte più interna.

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Sempre i ricercatori avrebbero evidenziato l’impatto di diversi micrometeoriti su Bennu, con i risultati che si trovano nello studio dal titolo Space weathering effects in Bennu asteroid samples. Grazie alle analisi è stato stabilito che gli impatti avverrebbero molto più di frequente rispetto a quanto immaginato, comportando modifiche alla composizione chimica dell’asteroide. Questo è solo l’inizio! Molte altre informazioni arriveranno dai futuri studi e dalle raccolte di dati di altri asteroidi con le molte missioni in corso (o future).