NASA Curiosity e NASA Perseverance sono attualmente le uniche due missioni robotiche ancora attive sulla superficie di Marte. I due rover statunitensi (molto simili tra loro) stanno proseguendo le rispettive missioni per raccogliere dati sul Pianeta Rosso e sulla sua storia. Uno degli scopi più importanti è capire se Marte, un tempo, fosse un pianeta in grado di ospitare vita microbica. Ora NASA Perseverance potrebbe aver trovato nuovi indizi in merito.
Prima di avere una conferma definitiva per un evento tanto atteso serviranno più dati, questi potrebbero essere forniti grazie alle analisi che saranno svolte nei laboratori terrestri se la missione Mars Sample Return avrà successo. Nel frattempo il rover della missione Mars 2020 sta proseguendo l’esplorazione del delta del fiume che un tempo riempiva di acqua il cratere Jezero continuando la raccolta dei campioni e attualmente si trova nella zona chiamata Neretva Vallis.
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NASA Perseverance e le biofirme delle rocce marziane
La notizia è stata diffusa nelle scorse ore ed è ovviamente molto importante dal punto di vista scientifico. Come scritto sopra, non è ancora possibile affermare che su Marte ci sia stata vita microbica ma i ricercatori non escludono comunque questa possibilità.
In particolare NASA Perseverance ha trovato una roccia, di dimensioni pari a 1 x 0,6 metri, ricca di venature soprannominata “Cheyava Falls”. Le analisi preliminari effettuate dagli strumenti presenti a bordo del rover marziano indicano come questa roccia ha caratteristiche idonee per contenere biofirme di vita microbica sviluppatasi su Marte in passato.
Questa roccia è stata è stata campionata per essere inserita nella “collezione” di provette utili per la missione Mars Sample Return. Si tratta del 25° campione (chiamato Sapphire Canyon) con la provetta che è stata sigillata correttamente durante il sol 1215. Si tratta di una carota di 6,2 cm con caratteristiche tipiche di una roccia sedimentaria.
La zona di Neretva Vallis è una valle fluviale scavata dallo scorrere dell’acqua. Qui è normale trovare sia rocce scolpite dallo scorrere del flusso di acqua ma anche rocce trasportate da zone più lontane. In generale studiare rocce di tipo sedimentario è utile in quanto più facilmente riescono a intrappolare materiale di vario tipo, comprese potenziali tracce di vita.
Grazie allo strumento SHERLOC (Scanning Habitable Environments with Raman & Luminescence for Organics & Chemicals) presente sul braccio robotico di NASA Perseverance è stato possibile determinare che la roccia contiene composti organici. Questa non è comunque una risposta definitiva in quanto questo genere di composti può generarsi anche in processi non biologici.
La struttura eterogenea della roccia potrebbe mostrare interazioni tra microorganismi mentre è chiaro il contatto con l’acqua liquida (necessaria per la vita, come la conosciamo). Cheyava Falls contiene anche venature biancastre di solfato di calcio ma anche zone rossastre dovute all’ematite. Grazie allo strumento PIXL (Planetary Instrument for X-ray Lithochemistry) è stato possibile determinare che all’interno della roccia sono presenti anche ferro e fosfato.
I ricercatori hanno anche rilevato cristalli di olivina grandi pochi millimetri. Questi sono legati a un’origine magmatica. La roccia quindi avrebbe incorporato diversi minerali, compresi quelli di quando Marte era ancora molto giovane. Ora non resta che aspettare le analisi complete e dettagliate oppure di trovare altre rocce così interessanti anche nel resto della missione del rover marziano. Il Pianeta Rosso ha ancora tanto da mostrare.