L’intelligenza artificiale come motore per un cambiamento positivo: ne parliamo con OpenText

Se due anni fa la parola d’ordine per OpenText era “cloud”, oggi tale piattaforma è la base su cui l’azienda costruisce i nuovi servizi. Non può mancare l’intelligenza artificiale, che appare ormai onnipresente ed è diventata maggiormente centrale nella strategia aziendale. Ne abbiamo parlato con Muhi Majzoub, EVP e Chief Product Officer di OpenText.

L’integrazione di Micro Focus dopo l’acquisizione

Si chiudeva poco più di un anno fa l’acquisizione di Micro Focus, azienda britannica specializzata nella produzione di software e nell’ambito della sicurezza, da parte di OpenText, realtà canadese focalizzata sulla produzione di software per la gestione di grandi volumi di dati in grandi aziende ed enti governativi. Si è trattato di un’acquisizione non per rafforzare un portfolio di prodotti già esistenti nelle stesse categorie, ma per andare a complementare l’offerta di OpenText.

“L’impatto di quest’acquisizione è stato molto positivo su più fronti”, ci dice Majzoub (in foto). “Micro Focus e OpenText non avevano grandi sovrapposizioni tra i propri prodotti, ma c’era un’enorme opportunità d’integrazione. Ad esempio, Micro Focus ci ha dato moltissimi prodotti di sicurezza e gestione delle identità come NetIQ e Voltage, che sono stati integrati nelle nostre piattaforme per la gestione dei contenuti. NetIQ è molto meglio delle soluzioni che avevamo sviluppato noi e quindi l’abbiamo selezionato come prodotto migliore da integrare nei nostri sistemi. Un altro punto molto importante per noi è Vertica, un database colonnare che è noto per essere il più scalabile a oggi sul mercato. Per dare un’idea, l’abbiamo messo alla prova importando mille miliardi di righe in una sola istanza e comunque abbiamo ottenuto risposte sotto il secondo.”

L’integrazione tra i portfolio delle due aziende è bidirezionale, come ci spiega Majzoub: “Vertica non aveva un visual studio dove gli analisti possono sviluppare cruscotti, grafici e intelligence predittiva. La nostra piattaforma Magellan offre invece uno studio per sviluppare cruscotti e grafici, ma si poggiava su Apache Spark; l’abbiamo quindi reso compatibile con Vertica e li abbiamo integrati, rendendoli disponibili come software as a service.”

Magellan consente di sviluppare codice in JavaScript, Python e altri linguaggi, ma ha anche una modalità “low code” perché “anche qualcuno della contabilità che non abbia idea di cosa sia una riga di codice possa usare un’interfaccia in cui trascina gli oggetti con il mouse e ottiene i grafici che desidera. Non abbiamo ancora una modalità completamente “no code”, ma ci stiamo lavorando: ne parleremo a novembre all’OpenText World, quando presenteremo un Aviator [questo è il nome scelto da OpenText per i suoi assistenti d’intelligenza artificiale, NdR] al quale si può fare una domanda come “costruisci una tabella che incroci i dati da queste fondi e dammi i dati delle vendite divisi per trimestre”. E si potrà poi dire, “Aviator, crea un grafico a barre e sovrapponici una linea di tendenza in rosso” e l’Aviator lo farà.”

Per molti versi, e nonostante l’arrivo dell’IA generativa ci abbia in qualche modo già sorprendentemente abituato a questo genere di interazioni, si tratta di fantascienza che diventa realtà: basti pensare che solo trent’anni fa l’idea di poter chiedere a un computer una cosa del genere era relegata a serie come Star Trek: The Next Generation, mentre oggi è realtà.

Usare l’IA in maniera efficace: è una questione di mentalità

Logo di OpenText Aviator

Come insegna la fantascienza, però, con ogni avanzamento tecnologico ci sono anche rischi legati all’abuso delle nuove tecnologie. Bisogna dunque usarle al meglio per poterne trarre dei reali benefici e secondo Majzoub (e OpenText) è una questione di mentalità.

“Poco tempo fa, durante una visita a uno dei nostri clienti, mi hanno detto: “il nostro obiettivo per l’IA è che prenda la piattaforma a cui si appoggia e la usi per trasformare un impiegato normale in uno ottimo, che abbia a propria disposizione tutta la conoscenza dell’azienda e vi aggiunga maggior valore. Ci appoggiamo all’Aviator perché ci aiuta ad accogliere i nuovi lavoratori molto più velocemente e li rende molto più efficienti.” Ed è perché abbiamo mantenuto un approccio focalizzato quando abbiamo creato il nostro Aviator.”

L’approccio di OpenText è uno che sentiamo sempre più spesso tra gli esperti: non costruire modelli di IA generalisti, in grado di risolvere qualunque problema ma enormi e difficili da addestrare e manutenere, ma modelli più piccoli e specifici per il singolo settore o per la singola applicazione. “Siamo estremamente focalizzati su casi d’uso basati sulle nostre conversazioni con clienti, analisti, giornalisti come voi ed esperti di settore. Stiamo imparando da tutti loro e stiamo costruendo il nostro approccio, la nostra conoscenza e le nostre competenze cercando di aggiungere valore in qualunque settore operiamo – che sia la gestione delle filiere, dei contenuti, dell’IoT o della sicurezza”, ci dice Majzoub.

Il punto è, dunque, quello di usare l’IA non come una panacea, ma come uno strumento in grado di risolvere specifici problemi. Quando viene usata in questo modo, l’IA può dare un reale valore aggiunto sia alle aziende, sia agli individui, e può dunque portare a risultati positivi.

L’IA come motore di una nuova trasformazione della società

In questo periodo si parla moltissimo dell’IA, che è diventata inevitabilmente il centro del dibattito tecnologico (e ben oltre) per via della sua capacità di rivoluzionare moltissimi settori. Ma perché l’IA sta emergendo solo ora e non l’ha fatto decenni fa, nonostante ci fossero già molte tecniche avanzate?

Majzoub ha una prospettiva interessante: “ho iniziato la mia carriera creando sistemi di IA tra l’85 e l’88, usando linguaggi come Lisp e Prolog. Erano i linguaggi disponibili al tempo per cercare di creare sistemi di IA e far sì che fossero le macchine a risolvere i problemi. Abbiamo fallito. L’IA ha fallito a metà anni ’80 perché tutti i contenuti stavano sulla carta e i computer non vi avevano accesso. Nulla era digitalizzato. Le tecnologie di cattura e di OCR non erano ancora mature per estrarre la conoscenza dalla carta, e non c’erano abbastanza esseri umani per digitalizzare i magazzini pieni di documenti di aziende e governi. Non è realistico che le persone passassero al setaccio milioni di documenti, non in un tempo realistico, perché si stampava più carta di quanta se ne potesse digitalizzare. Ecco perché l’IA ha fallito.”

“Oggi”, continua Majzoub, “è diverso. Ecco perché incoraggio i miei ingegneri a sperimentare con l’IA. Tenendo però saldo il principio che nessuno può accedere ai dati dei clienti (e questa è una garanzia che diamo per iscritto nei nostri contratti). Ci sono poi tre punti che incoraggio i miei ingegneri a ricercare: il primo è l’accuratezza, perché se l’IA dà risultati sbagliati si perde rapidamente fiducia in essa. Secondo, le prestazioni, perché nessuno vuole aspettare quattro minuti per una risposta. E terza cosa, il valore rispetto al prezzo che chiediamo ai clienti, motivo per cui abbiamo sperimentato con molti modelli per ottenere il giusto bilanciamento tra questi tre elementi.”

Il punto di Majzoub sull’accuratezza è fondamentale: se l’intelligenza artificiale non risulta affidabile (e in questo caso “accuratezza” corrisponde ad “affidabilità”), diventa molto poco utile, se non finanche dannosa. Majzoub riporta l’esperienza di un cliente sudafricano, Pick N Pay: “ho intervistato Leon Van Niekerk, Head of Testing in Pick N Pay, durante la mia presentazione a OpenText World Europe, tenutosi a Londra. Mi ha detto che inizialmente non si fidavano dei dati che il nostro Aviator forniva loro, quindi hanno fatto un test usando ChatGPT e hanno visto che i risultati erano altrettanto accurati.”

Da ultimo c’è un aspetto più umano che è emerso durante l’intervista. Viviamo in tempi difficili sotto molti profili, con incertezze sul futuro che appaiono sempre più pressanti e presenti, in particolare per molte professioni che sembrano destinate a sparire nel futuro prossimo. Tuttavia, Majzoub mantiene una prospettiva positiva (“per quella che è la mia esperienza, alla fine il bene vince sempre”, ci dice), in particolare per quanto riguarda l’impiego dell’IA nelle aziende e il suo impatto sui lavoratori.

“Indubbiamente ci sarà un gruppo che sceglierà di usare l’IA per scopi malevoli. Ma credo fermamente che il 98 o 99 percento sceglierà di usare l’IA per il miglioramento dell’umanità, per migliorare come ci prendiamo cura l’uno dell’altro, per creare un mondo dove regnino la pace e la prosperità, e in cui tutti traggano beneficio dalla tecnologia”, ci dice Majzoub.

Per quanto questo approccio positivo sia una ventata d’aria fresca, solleviamo comunque un’obiezione: molte persone perderanno il lavoro e dovranno reinventarsi, un processo spesso difficile e doloroso. Non è la prima volta che succede: per questo durante la prima rivoluzione industriale comparvero in Inghilterra i luddisti, un’organizzazione che protestava contro l’uso indiscriminato e spregiudicato dei macchinari industriali per accentrare la produzione (e quindi anche la ricchezza) nelle mani di pochi a scapito dei molti. Quella che oggi chiameremmo propaganda da parte dei “padroni” portò poi a ricordare, ingiustamente, i luddisti come un movimento contro il progresso tecnologico, quando in realtà quello che chiedevano era un approccio che tenesse maggiormente conto delle esigenze della società e delle fasce sociali più deboli e vulnerabili.

“Avete ragione”, ci dice Majzoub. “Le macchine ci sostituiranno in molti lavori. C’è un “ma”. Io ho 8.000 ingegneri, e se mi chiedete se potrò rimpiazzarne 2.000 con le macchine, la risposta è no. Il mio obiettivo con Aviator non è rimpiazzare le persone, ma è svolgere quei lavori noiosi che i miei sviluppatori non vogliono fare: ad esempio, odiano scrivere la documentazione. Posso quindi migliorare l’Aviator affinché legga il codice, ne faccia un’analisi e scriva la documentazione. Può anche scrivere i test mentre i miei ingegneri dormono. Ma non rimpiazzerà mai il mio team di controllo qualità: sostituirà alcune funzioni di quel team, che però fa anche altre cose. E queste cose cambieranno col tempo.”

“Quindi, guardando le cose positivamente, l’umanità si è adattata a ogni rivoluzione industriale, dall’elettricità alla macchina, al mainframe, fino a Internet che ha cambiato ogni cosa per chiunque. L’uomo troverà sempre qualcosa di buono in ogni cosa, e aggiungeremo sempre un tocco umano che la macchina non sarà mai in grado di dare. E credo che questo ci aiuterà a creare un’IA migliore che sia a fin di bene.”