L’ESA ha pubblicato il nuovo rapporto Space Environment Report sui detriti spaziali

I detriti spaziali sono un problema sia per le attuali missioni spaziali ma lo saranno anche per quelle future. Gli equipaggi delle stazioni spaziali commerciali e di quelle delle agenzie potrebbero dover fronteggiare non solo l’aumento dei satelliti attivi in orbita ma anche una sempre maggior presenza di detriti spaziali che potrebbero mettere in serio pericolo la vita delle persone in orbita. Inoltre, per quanto avvenga raramente, non è escluso che componenti più grandi, con massa maggiore e più resistenti, possano rientrare nell’atmosfera arrivando fino alla superficie, come avvenuto con stadi di razzi spaziali, componenti di capsule e parti di stazioni spaziali.

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L’ESA dal 2017 ha pubblicato ogni anno un rapporto chiamato Space Environment Report dedicato proprio ai detriti spaziali, alla loro gestione e al loro contenimento. L’agenzia spaziale europea ha ribadito ancora una volta che l’ambiente orbitale intorno alla Terra è una risorsa finita e quindi è necessario pensare a tutelarla e ad avere una gestione oculata, soprattutto in vista delle future operazioni.

esa detriti

L’ESA Space Environment Report e i detriti spaziali

Tra le problematiche rimangono quelle legate a satelliti non più attivi ma che sono stati sviluppati senza pensare al loro deorbiting sicuro (o a posizionarsi in orbite cimitero). Le loro componenti, esposte all’ambiente spaziale, tendono a rompersi generando frammenti di varie dimensioni.

Anche le grandi costellazioni commerciali come Starlink, Kuiper, Qianfan e altre, possono rappresentare un grande rischio per le operazioni in orbita bassa terrestre (LEO). Pur essendo satelliti di nuova costruzione e pensati per rientrare nell’atmosfera alla fine della loro vita (che è più bassa rispetto a quella di altri satelliti, solitamente intorno ai 5-7 anni) l’aumento del loro numero è un’incognita che non è ancora stata effettivamente affrontata.

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L’ESA ha inoltre evidenziato come satelliti e stadi di razzi spaziali rientrano nell’atmosfera mediamente più di tre volte al giorno. Non tutti i satelliti riescono poi a posizionarsi in orbite meno congestionate aumentando il rischio di collisione e potenzialmente una sindrome di Kessler. Basandosi sui dati del 2024, l’agenzia ha identificato diversi eventi, grandi e piccoli, che hanno portato alla creazione di detriti spaziali generando migliaia di nuovi frammenti.

detriti spaziali

Questo dovrebbe far ripensare le strategia sia per cercare di limitarne la creazione ma anche puntare a nuove missioni per la rimozione attiva dei detriti spaziali (satelliti non più funzionanti o stadi spaziali) in orbita. L’ESA indica anche che “l’aderenza agli standard di mitigazione dei detriti spaziali sta lentamente migliorando nel corso degli anni, soprattutto nel settore commerciale, ma non è sufficiente per fermare l’aumento del numero e della quantità di detriti spaziali”.

A peggiorare la situazione c’è anche la frequenza degli eventi di frammentazione tanto che se tutti i lanci spaziali venissero fermati (e non è così!), il numero di detriti spaziali continuerebbe a crescere in quanto i frammenti rientrano nell’atmosfera più lentamente di quanto se ne generino. Solo nel 2024 si sono aggiunti 3000 detriti spaziali tracciati.

I dati aggiornati (ma potenzialmente sottostimati), indicano la presenza di circa 40 mila oggetti monitorati dei quali circa 11 mila sono carichi utili attivi. Le stime invece parlano di 1,2 milioni di frammenti più grandi 1 cm e oltre 50 mila oggetti più grandi di 10 cm. Il modello MASTER (Meteoroid and Space Debris Terrestrial Environment Reference) di ESA indica come a 550 km di quota, una delle orbite più importanti in LEO, ci siano lo stesso numero di detriti spaziali e di satelliti attivi.

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Con le tecniche di passivazione, che permettono di rimuovere il carburante in eccesso e di scaricare le batterie (come avvenuto per il secondo stadio del Falcon 9 che ha generato la “spirale” sopra l’Europa) per evitare le esplosioni in orbita possono effettivamente ridurre il numero di frammenti e portare così ad avere orbite “più pulite”.

In particolare le società commerciali si sono impegnate a rispettare le linee guida di mitigazione dei detriti spaziali. Questo fa in modo che gli stadi non più utilizzati dei satelliti rientrino non più con tempistiche lunghe ma entro 5 anni (ma tendenzialmente prima) dopo il lancio. Oltre la metà rientra in maniera controllata così da permettere di direzionare i potenziali detriti in zone non abitate riducendo il rischio per le persone e le cose.

Le missioni per ripulire le orbite sono ancora agli albori anche se potrebbero aumentare di numero e in efficacia con il passare del tempo. Si tratta di operazioni complesse con grandi rischi. Inoltre bisogna considerare quali saranno gli obiettivi in quanto c’è molta differenza tra effettuare il docking con un satellite o uno stadio non più funzionante e raccogliere detriti di piccole dimensioni.