AT&T, uno dei più grandi operatori telefonici statunitensi, ha avviato lo scorso agosto un’azione legale contro Broadcom per via di aumenti “estremi” e del mancato rispetto dei termini contrattuali. Come emerge dai documenti del processo, AT&T avrebbe infatti visto un aumento dei costi annuali pari al +1.050% – ovvero 105 volte.
+1.050% di aumento e fine dei contratti di supporto: AT&T fa causa a Broadcom
Com’è noto, Broadcom ha eliminato la possibilità di acquistare licenze perpetue lo scorso anno, non appena ha completato l’acquisizione di VMware. AT&T, tuttavia, si appoggia ancora proprio a tali licenze e aveva un contratto di supporto con VMware, scaduto nel settembre 2021 ma rinnovabile annualmente per cinque anni. L’azienda avrebbe voluto rinnovare il supporto anche questo settembre, ma Broadcom ha negato questa possibilità, imponendo invece il passaggio alle licenze ad abbonamento.
Dalla documentazione legata al caso emerge un’email inviata a Hock Tan, CEO di Broadcom, da Susan Johnson, Senior Vice President of Investor Relations in AT&T, in cui AT&T afferma che Broadcom non intende dare seguito al contratto e vuole, invece, che AT&T passi al modello ad abbonamento. Proprio tale passaggio porterebbe ad aumenti più che significativi nei costi annuali per la piattaforma VMware: “questo aumento annuale del +1.050% che avete proposto da un anno all’altro è estremo e certamente non è il modo in cui ci aspettiamo che i partner strategici facciano affari con AT&T”, si legge nell’email.
Sebbene le cifre esatte nell’email siano oscurate, nel documento di apertura dell’azione legale si può leggere che AT&T stima in “centinaia di milioni” il costo delle nuove licenze ad abbonamento. Lo stesso documento riporta inoltre i termini del contratto, che citano chiaramente come “per 5 anni (a partire dal 9/9/2021 […]), AT&T possa rinnovare su base annuale e a sola discrezione di AT&T i […] servizi di supporto da VMware o da un suo rivenditore autorizzato, a partire dal 9/9/2021, per una [somma] annua di non più di [ammontare in dollari].”
Dal canto suo Broadcom sostiene, invece, due cose: da un lato, che AT&T avrebbe dovuto rinnovare il contratto per tre anni in blocco, anziché per ogni singolo anno; dall’altro che, siccome non offre più i servizi richiesti da AT&T, è giustificata nel non offrirli nemmeno ad AT&T nonostante il contratto in essere.
A seguito dello scontro con Broadcom, AT&T ha deciso di avviare un processo di migrazione verso soluzioni alternative: l’email di Johnson dice infatti “il costo per abbandonare Vmware (stimato in 40-50 milioni di dollari) ha un ritorno molto veloce e un forte IRR [internal rate of return], in particolare visti gli alti costi di licenza proposti. Di conseguenza stiamo pianificando di dare priorità agli investimenti per migrare a piattaforme alternative a VMware.”
Il problema di questa migrazione è che AT&T si affida a piattaforme che coniugano hardware e software, acquistate direttamente da produttori o distributori. L’azienda non può dunque semplicemente decidere di adottare soluzioni alternative. A spiegarlo è Gordon Mansfield, Vice President of Global Technology di AT&T: “il software di VMware è integrato nei prodotti che AT&T acquista dai suoi forntori e che usa per mantenere in funzione la rete. A causa di ciò, AT&T non può prendere una decisione unilaterale di terminare l’uso del software di VMware. AT&T deve, invece, lavorare con i propri fornitori per rimpiazzare il software di VMware e sviluppare una soluzione differente.”
Per completare questo processo potrebbero volerci anni e AT&T deve quindi cercare di guadagnare quanto più tempo possibile. Anche facendo causa a Broadcom per continuare a ricevere supporto.