Tra le milioni di richieste che ogni giorno arrivano ad Alexa, l’assistente vocale di Amazon, ce ne sono purtroppo alcune che nessuno vorrebbe mai sentire. Insulti, parolacce, commenti offensivi che spesso prendono di mira l’interlocutore in modo gratuito e crudele. Per un sistema di intelligenza artificiale come Alexa, questi attacchi verbali non hanno alcun impatto emotivo. Ma per tantissime persone, soprattutto donne, la violenza verbale è una realtà dolorosa e pericolosa, spesso anticamera di altre forme di soprusi fisici, sessuali o economici.
È per questa ragione che, a partire dall’8 marzo 2024, Giornata Internazionale della Donna, Alexa non resterà più in silenzio di fronte agli insulti, ma li utilizzerà come spunto per sensibilizzare gli utenti sul grave fenomeno della violenza verbale. Questo grazie a una collaborazione con ActionAid, l’organizzazione internazionale indipendente che da oltre 40 anni lotta per la giustizia sociale ed economica e per l’affermazione dei diritti delle donne in tutto il mondo.
Pronunciando il comando vocale “Alexa, di’ la tua”, gli utenti potranno ascoltare informazioni, approfondimenti e testimonianze sul tema della violenza verbale e del suo impatto devastante, soprattutto sulle donne. Ma non è tutto: di fronte a determinati insulti e offese, Alexa risponderà a tono, usando la propria voce per spiegare quanto le parole possano essere potenti armi in grado di ferire, destabilizzare e far male.
La violenza verbale, pur non lasciando segni visibili, può avere un impatto profondo e duraturo sulla salute fisica e mentale di chi ne è oggetto. Secondo la definizione di ActionAid, si parla di violenza verbale quando gli attacchi verbali rivolti a una persona diventano regolari e sistematici, andando a minare la sua autostima e il suo benessere psico-fisico. La violenza verbale può essere agita nella sfera pubblica, compresi gli spazi online, e in quella privata, ed include atteggiamenti umilianti, ridicolizzanti, parolacce, insulti e minacce. Può anche assumere la forma di commenti offensivi sulla religione, la cultura, la lingua o l’orientamento sessuale (percepito) della vittima. In base alle fragilità emotive di quest’ultima, il violento sceglie consapevolmente gli argomenti più efficaci per ferirla.
I dati di ActionAid mostrano come la violenza verbale sia spesso solo la punta dell’iceberg: tra le donne che hanno intrapreso un percorso di uscita dalla violenza, il 66,7% ha subito violenza fisica, il 50,7% minacce, l’11,7% stupri o tentativi di stupro e il 14,4% altre forme di violenza sessuale come molestie, revenge porn, costrizioni ad atti sessuali umilianti. Ma la forma di violenza più diffusa è quella psicologica, che riguarda quasi 9 donne su 10 tra quelle che hanno denunciato soprusi. Quattro su 10, invece, hanno subito anche violenza economica.
Le origini di questa piaga che affligge le donne affondano in un humus culturale ancora fortemente intriso di stereotipi e pregiudizi di genere. Ne è convinta Katia Scannavini, Vice Segretaria Generale di ActionAid Italia: “Parlare di violenza psicologica contro le donne e sensibilizzare sull’impatto che determina nelle loro vite è uno dei passi fondamentali per sradicare la diffusa cultura patriarcale che continua a produrre discriminazione e violenza di genere in Italia.”
Gli adolescenti e la percezione della violenza verbale Per capire quanto siano radicate queste dinamiche, basta ascoltare la voce dei più giovani. Una recente ricerca di ActionAid condotta da Ipsos su un campione di 800 ragazzi e ragazze tra i 14 e i 19 anni ha fotografato le loro opinioni su cosa costituisca violenza, come reagiscono e quanto influiscano stereotipi e pregiudizi sul loro vissuto. Emergono dati preoccupanti: per il 69% degli intervistati insultare una persona rappresenta una forma di violenza, mentre il 67%