Il telescopio spaziale James Webb riprende la galassia nana di Wolf-Lundmark-Melotte

Per Halloween gli scienziati che lavorano con il telescopio spaziale James Webb avevano realizzato una versione “spettrale” dei famosi “pilastri della creazione” grazie ai dati catturati con lo strumento MIRI (medio infrarosso). Ancora prima era stato possibile scavare indietro nel tempo fino a quanto l’Universo era molto giovane per osservare l’oggetto celeste MACS0647-JD (risalente a circa 400 milioni di anni dopo il Big Bang). Dopo una breve pausa ecco che l’attenzione si è spostata in direzione della galassia nana di Wolf-Lundmark-Melotte (abbreviata in WLM).

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In particolare si ci è concentrati solo su una porzione di questa galassia nana irregolare registrando i dati attraverso NIRCam (nel vicino infrarosso). Come raccontato dall’ESA “l’immagine dimostra la straordinaria capacità di Webb di risolvere le deboli stelle al di fuori della Via Lattea”. Una nuova osservazione che potrà essere utile per capire come l’Universo si è evoluto nel tempo così come tutto ciò che contiene. Ecco quello che c’è da sapere.

Il telescopio spaziale James Webb e la galassia di Wolf-Lundmark-Melotte

Come spiegato dai ricercatori, la motivazione della scelta di WLM è dovuta alla composizione dei suoi gas che sono simili a quelli che componevano l’Universo primordiale, avendo pochi elementi più pesanti di idrogeno e elio. Questo non perché non ci siano stati episodi di formazione stellare ma perché le supernove esplodendo sono riuscite a spingere gli elementi pesanti al di fuori di una galassia di massa relativamente piccola come WLM. L’obiettivo è quello di ricostruire la formazione stellare di questa galassia e delle stelle di massa ridotta che possono avere una vita di miliardi di anni (alcune stelle di WLM si sono formate quando l’Universo era giovane).

Si presume inoltre che la galassia nana di Wolf-Lundmark-Melotte abbia interagito poco o nulla con altre galassie più vicine dando così informazioni con meno alterazioni agli scienziati. WLM si trova poi a 3 milioni di anni luce dalla Terra e grazie a JWST si possono risolvere le singole stelle. Altre galassie che sarebbero potute essere candidate per le osservazioni hanno interagito in qualche modo con la Via Lattea rendendo più difficile lo studio.

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NIRCam del telescopio spaziale James Webb ha utilizzato i filtri F090W, F150W, F250M e F430M che corrispondono a 0,9 µm, 1,5 µm, 2,5 µm e 4,3 µm ai quali sono stati assegnati rispettivamente i colori blu, ciano, giallo e rosso per comporre l’immagine finale (che non è come la vedrebbe l’occhio umano).

Per comprendere ancora meglio le potenzialità di JWST è stata anche accoppiata un’immagine catturata dal telescopio Spitzer. In questo caso sono stati impiegati i filtri 3,6 µm e 4,5 µm (rispettivamente IRAC1 e IRAC2) assegnandogli i colori ciano e arancione. Le differenze sono evidenti anche ai meno esperti, con la risoluzione di Webb che è di gran lunga superiore permettendo una visione più chiara (e quindi anche una migliore qualità dei dati estraibili e interpretabili). In primo piano ci sono alcune stelle con i caratteristici “segni” a sei punte di JWST mentre sullo sfondo ci sono altre galassie.

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