Il telescopio spaziale James Webb ha scoperto qual è stata la fine di un esopianeta distrutto dalla sua stella

Recentemente sono emerse alcune novità riguardanti la traiettoria dell’asteroide 2024 YR4 (che potrebbe colpire la Luna) grazie alle analisi del telescopio spaziale James Webb. Questo strumento scientifico è impegnato però anche a scoprire fenomeni e oggetti che sono molto più distanti dalla Terra ed è questo il caso della fine di un esopianeta distrutto dalla stella compagna.

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Questa nuova scoperta (inserita nello studio dal titolo Revealing a Main-sequence Star that Consumed a Planet with JWST) da parte del JWST è legata a un sistema dove la stella sembrava avesse “inghiottito” un esopianeta che le orbitava attorno. Grazie ai nuovi dati raccolti dal telescopio spaziale James Webb è stato possibile capire come non sia stata la stella a espandersi e a inglobare il pianeta quanto piuttosto l’orbita dell’esopianeta a farsi sempre più stretta intorno alla stella finendo poi per portare alla distruzione il pianeta.

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Per quanto il risultato complessivo sia similare, con la distruzione dell’esopianeta, le due ipotesi sono molto differenti. Secondo Ryan Lau (autore dello studio e astronomo dell’NSF) “poiché questo è un evento così nuovo, non sapevamo cosa aspettarci quando abbiamo deciso di puntare questo telescopio nella sua direzione. Con la sua elevata risoluzione nell’infrarosso, stiamo imparando preziose intuizioni sui destini finali dei sistemi planetari, incluso il nostro”.

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I ricercatori hanno impiegato gli strumenti MIRI (Mid-Infrared Instrument) e NIRSpec (Near-Infrared Spectrograph) per raccogliere i dati su questo fenomeno, scoperto grazie a un’osservazione chiamata Target of Opportunity (abbreviato in ToO) che è legata a fenomeni non prevedibili e non pianificabili ma che possono essere degli ottimi candidati per le osservazioni del JWST. Questo in particolare è stato uno dei primi ToO per questo telescopio, dando interessanti risultati.

La stella oggetto dell’evento si trova a 12 mila anni luce dalla Terra, all’interno della Via Lattea. Il primo segnale, una rapida emissione nel visibile chiamata ZTF SLRN-2020, è stato acquisito dal Zwicky Transient Facility confermato poi da NEOWISE. Grazie a MIRI è stato possibile raccogliere nuovi dati che hanno modificato l’ipotesi iniziale dando vita a un nuovo scenario.

Le informazioni iniziali suggerivano che la stella potesse essere diventata una gigante rossa e quindi avesse inglobato i pianeti più prossimi. Con il telescopio spaziale James Webb è stato possibile capire che la stella appariva meno brillante di quanto avrebbe dovuto essere se fosse stata una gigante rossa. L’esopianeta, di tipo gioviano (o nettuniano), avrebbe avuto un’orbita inferiore a quella di Mercurio intorno al Sole, e nel corso di milioni di anni si sarebbe avvicinato ulteriormente alla superficie della stella portandolo alla distruzione.

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Interessante notare che il pianeta, avvicinandosi alla stella, ha iniziato a interferire con l’atmosfera di quest’ultima. Successivamente, quando la distanza era ormai ridotta e ci si avvicinava al momento finale, il pianeta ha anche strappato parte del gas degli strati esterni della stella che si sono dispersi nello Spazio e, raffreddandosi, hanno portato alla formazione di polvere.

Con NIRSpec del telescopio spaziale James Webb è stato anche possibile rilevare monossido di carbonio che farebbe pensare alla presenza di un disco circumstellare caldo di gas molecolare. I ricercatori stanno ancora cercando di capire cosa è accaduto dopo che il pianeta è stato inglobato nella stella e serviranno ulteriori osservazioni per chiarirlo comprese quelle del Vera C. Rubin Observatory.