Il tema dei rifiuti elettronici, i cosiddetti e-waste, è qualcosa che l’industria tecnologica deve affrontare in modo sempre più serio e compatto. Secondo un recente report delle Nazioni Unite, nel 2022 sono state prodotte 62 milioni di tonnellate di rifiuti elettronici, un nuovo record. Il dato è più alto dell’82% rispetto a quanto prodotto nel 2010. Meno di un quarto dell’e-waste prodotto nel 2022 è stato riciclato.
Tra i molteplici problemi della filiera del riciclo ce n’è uno importante: non disponiamo di sistemi su ampia scala per riciclare le schede dei circuiti stampati (PCB) presenti in quasi tutti i dispositivi elettronici.
I PCB sono tipicamente costituiti da strati di sottili fogli di fibra di vetro rivestiti di plastica dura e laminati insieme con il rame. Quella plastica non può essere facilmente separata dal vetro, quindi i PCB spesso si accumulano nelle discariche, dove le loro sostanze chimiche possono infiltrarsi nell’ambiente. Peggio ancora, i PCB vengono bruciati nei Paesi in via di sviluppo per estrarre metalli preziosi come oro e rame, senza cautele per chi lo fa e rilasciando nell’aria e a terra sostanze tossiche.
Un gruppo di ricercatori dell’Università di Washington sta lavorando per trovare una soluzione a questo grande problema e finalmente è riuscito a mettere a punto un nuovo PCB che ha prestazioni pari a quelle dei materiali tradizionali ma che può essere riciclato ripetutamente con una perdita di materiale trascurabile.
I ricercatori hanno utilizzato un solvente che trasforma un tipo di vitrimeri – una classe di polimeri sostenibili – in una sostanza gelatinosa senza danneggiarli, consentendo l’estrazione dei componenti solidi dal PCB per riutilizzarli o riciclarli.
La “gelatina vitrimerica” può quindi essere utilizzata ripetutamente per realizzare nuovi PCB di alta qualità, a differenza della plastica convenzionale che si degrada in modo significativo a ogni ciclo. Con questi “vPCB” (circuiti stampati in vitrimero), i ricercatori hanno dimostrato di poter recuperare il 98% del vitrimero e il 100% della fibra di vetro, nonché il 91% del solvente utilizzato per il riciclo.
“I circuiti stampati costituiscono una frazione piuttosto grande della massa e del volume dei rifiuti elettronici”, ha dichiarato il coautore dello studio Vikram Iyer, professore assistente dell’UW presso la Paul G. Allen School of Computer Science & Engineering. “Sono costruiti per essere a prova di fuoco e di sostanze chimiche, il che è ottimo per renderli molto robusti. Ma questo li rende anche praticamente impossibili da riciclare. Abbiamo creato una nuova formulazione di materiale che ha proprietà elettriche paragonabili a quelle dei PCB convenzionali e un processo per riciclarli ripetutamente”.
I vitrimeri sono una classe di polimeri sviluppata per la prima volta nel 2015. Se esposti a determinate condizioni, come il calore al di sopra di una temperatura specifica, le loro molecole possono riorganizzarsi e formare nuovi legami. Ciò consente di “guarirli” (ad esempio, un PCB piegato può essere raddrizzato) e li rende altamente riciclabili.
“A livello molecolare, i polimeri sono un po’ come gli spaghetti, che si avvolgono e si compattano”, ha spiegato il coautore dello studio Aniruddh Vashisth, assistente professore dell’UW presso il dipartimento di ingegneria meccanica. “Ma i vitrimeri si distinguono perché le molecole che compongono ogni spaghetto si possono scollegare e ricollegare. È quasi come se ogni pezzo di spaghetti fosse fatto di piccoli Lego“.
Il circuito stampato biodegradabile e riciclabile è tra noi: Infineon mostra Soluboard
Il processo di creazione del vPCB si discosta solo leggermente da quello dei PCB tradizionali, il che lo rende più economicamente sostenibile per il settore.
Per riciclare i vPCB è necessario immergere il materiale in un solvente organico con un punto di ebollizione relativamente basso. Questo gonfia la plastica del vPCB senza danneggiare le lastre di vetro e i componenti elettronici, consentendone l’estrazione per il riutilizzo.
Il processo consente di quindi di riparare PCB danneggiati con crepe o deformazioni e, laddove non possibile, favorisce una facile separazione dei componenti elettronici per il riciclo o il riutilizzo, mentre il vetrificante e le fibre di vetro possono essere riciclati in nuovi vPCB.
Il team ha testato il vPCB per verificarne la resistenza e le proprietà elettriche, scoprendo che le sue prestazioni sono paragonabili a quelle del materiale PCB più comune (FR-4). Vashisth e il coautore Bichlien H. Nguyen, principal researcher presso Microsoft Research e professore assistente affiliato alla Allen School, stanno ora utilizzando l’intelligenza artificiale per esplorare nuove formulazioni di vitrimeri per usi diversi.
Secondo il team, i vPCB riciclati potrebbero comportare una riduzione del 48% del potenziale di riscaldamento globale e dell’81% delle emissioni cancerogene rispetto ai PCB tradizionali. Tutto questo, però, non richiederà la semplice esistenza della tecnologia.
“Per un’effettiva implementazione di questi sistemi, è necessaria la parità dei costi e l’esistenza di normative governative solide“, ha affermato Nguyen. “In futuro, dobbiamo progettare e ottimizzare i materiali tenendo conto delle metriche di sostenibilità come primo principio”.