La società di consulenza norvegese Rystad Energy sostiene che nei magazzini d’Europa c’è un vero e proprio tesoro di pannelli solari invenduti.
Secondo quanto emerge dal comunicato stampa pubblicato sul loro sito internet, la cifra in gioco ammonterebbe a circa 7 miliardi di euro e, a rendere ancora più paradossale la situazione, il Vecchio Continente sta continuando ad importare moduli dalla Cina.
“Le importazioni a gennaio sono aumentate del 17% rispetto al 2022, con febbraio in aumento del 22%, marzo in aumento del 51%, aprile in aumento del 16% e maggio in crescita del 6% rispetto allo scorso anno”, ha spiegato Rystad Energy. “Se gli attuali livelli di importazione continuano, il 2023 sarà un anno da record per importazioni e inventario. Le importazioni annuali sembrano destinate a raggiungere i 120 GWdc, superando di gran lunga le installazioni di capacità previste di 63 GW (DC)”.
A spiegare un comportamento quasi contradditorio potrebbero essere le logiche di mercato che starebbero portando l’Europa a ricorrere a misure “disperate” per garantire prodotti a prezzi accessibili, anche a costo di lasciarne ingenti quantità a prendere polvere.
A risolvere questo cul-de-sac potrebbe essere l’auto-produzione, ovvero arrivare ad avere una catena di valore europea per lo sviluppo del settore fotovoltaico. Al momento, però, lo stato dell’arte del Vecchio Continente è molto acerbo.
“Sebbene siano in corso sforzi per costruire una catena di fornitura solare affidabile in Europa, la necessità di pannelli ora significa che i leader non possono aspettare fino al 2025 o oltre per acquistare europei”, ha affermato Marius Mordal Bakke, analista senior della catena di fornitura presso Rystad Energy.