L’industria dei videogiochi sta innegabilmente attraversando un periodo di crisi. Tuttavia, la maggiore preoccupazione è suscitata dai grandi publisher, ovvero dai giganti impegnati in progetti ad alto budget. A commentare la situazione è stato Guillaume Broche, ex direttore creativo di Ubisoft, oggi responsabile di Clair Obscure: Expedition 33.
La storia di Broche è piuttosto iconica: dopo aver lavorato a lungo per il publisher francese, ha deciso di abbandonare la società per fondare Sandfall Interactive. Lo studio, in pochi anni, ha realizzato il succitato Clair Obscure: Expedition 33, un gioco di ruolo con un innovativo sistema di combattimento a turni accolto con grande entusiasmo dalla community, tanto da superare i due milioni di copie vendute in meno di due settimane. Un risultato eccezionale per uno studio al suo primo progetto.
A tal proposito, Broche ha spiegato che è la limitazione della libertà creativa a impedire ai grandi studi, oggi, di emergere. Secondo il director, se fosse rimasto in Ubisoft, il gioco avrebbe atteso almeno 25 anni prima di ricevere l’approvazione da parte della dirigenza. Chiaramente si tratta di un’iperbole, ma spiega quanto la burocrazia incida sul lavoro degli sviluppatori.
Nella sua intervista con la BBC, Broche ha spiegato che la separazione con Ubisoft è stata dettata dalla “noia” e dalla frustrazione causata dalla mancanza di libertà. Ha anche sottolineato che questo non si estende solo ai nuovi progetti, ma anche e soprattutto a titoli di prestigio, come Assassin’s Creed, che sembrano bloccati in un ciclo infinito di stasi. Questa stagnazione ha inevitabilmente effetti tanto sul prodotto finale quanto sugli sviluppatori che perdono di stimoli.
Tuttavia, Ubisoft rappresenta semplicemente la realtà più vicina a Broche, ma le sue affermazioni sono applicabili praticamente a qualsiasi publisher tripla A. D’altronde, tutti gli studi sembrano propendere per la stessa formula per compensare il calo di entrate: live service. Microtransazioni, pass stagionali, aggiornamenti cadenzati, nulla che abbia a che fare realmente con il processo creativo.
E il fatto che non sia sostenibile a lungo termine, in realtà è stato ampiamente dimostrato. Basti pensare a progetti come XDefiant o Hyper Scape sul fronte di Ubisoft, così come Concord per Sony. E si tratta solo degli esempi più lampanti, ma quasi ogni publisher può “vantare” fallimenti di grossa entità – qualcuno ha detto Battlefield 2042?.
In questo contesto, non si può fare a meno di chiedersi se l’industria dei tripla A riuscirà mai a rinnovarsi e rivedere il processo creativo ormai stagnante e limitato, o sia destinata a un completo riequilibrio che vedrà gli studi indipendenti conquistare la scena.