Durante l’edizione del Congresso Astronautico Internazionale che si sta tenendo a Milano in questi giorni è stato annunciato un nuovo accordo tra l’ESA e la società italiana D-Orbit per proseguire e accelerare lo sviluppo di un veicolo in grado di rifornire e riparare satelliti in orbita geostazionaria (GEO). Questa operazione permetterà di estendere la vita operativa di satelliti ancora funzionanti ma senza propellente oppure con guasti riparabili senza doverne lanciare di nuovi.
Si tratta di un’attiva di mitigazione dei detriti spaziali soprattutto in orbita geostazionaria dove si sceglie di inviare vecchi satelliti in orbite cimitero ma che potrebbero rappresentare, sul lungo periodo, un problema. Inoltre i satelliti GEO possono essere molto grandi e complessi, più di quelli presenti in LEO. Con i 119 milioni di euro forniti dall’ESA, D-Orbit svilupperà un veicolo (attualmente in fase di sviluppo) che sarà in grado di eseguire un rendezvous e il successivo docking con satelliti già in orbita prendendone il controllo dell’assetto orbitale.
Come scritto in apertura, un veicolo di questo tipo (di fatto, un altro satellite) potrà rifornire, riparare, modificare l’orbita e dismettere di altri satelliti in GEO. Il satellite-bersaglio continuerà a comunicare direttamente con il centro controllo così come a operare i carichi utili (fotocamere e altri sensori, per esempio). Questa soluzione si chiama General Expansion Architecture (GEA) ed è supportata da vari partner come ASI, UKSA, DLR, SSO e AEE rispettivamente per Italia, Regno Unito, Germania, Svizzera e Italia.
La prima missione dimostrativa di questo sistema di D-Orbit si chiamerà RISE e punta a far rimanere il veicolo in orbita per 8 anni occupandosi di diversi satelliti. Attualmente non è stato reso pubblico quale sarà il primo satellite-bersaglio, le tempistiche indicate sono invece per un lancio nel 2028. Il veicolo di D-Orbit dovrebbe avere una massa di 3 tonnellate delle quali 800 kg saranno di propellente. L’ESA è particolarmente impegnata a ridurre i detriti spaziali che potrebbero rappresentare un problema per le future missioni. L’agenzia ha indicato come le nuove missioni spaziali saranno progettate per operazioni e smaltimento sicure così da non creare più nuovi detriti entro il 2030.