Apple e la privacy dell’utente: un incubo per gli ingegneri

Nel corso degli anni recenti Apple ha costruito una cultura aziendale, un’identità e un modello di business in cui il rispetto della privacy dell’utente rappresenta un valore chiave e un punto cardine. Una posizione che, pur manifestando un approccio diametralmente opposto rispetto a quello di altre società del settore, ha avuto qualche ripercussione sullo sviluppo di funzionalità e prodotti, rappresentando anche una sorta di limite.

Ad approfondire l’argomento è The Information, che ha raccolto in forma anonima i pareri di alcuni ingegneri Apple i quali in alcuni casi credono che questa forte posizione della società sulla privacy dell’utente possa rappresentare un rischio in termini di competitività con i prodotti e i servizi offerti da altre realtà tecnologiche.

L’approccio di Apple alla privacy dell’utente è stata illustrata nel 2016 da Craig Federighi, senior vice president software engineering, in occasione della WWDC. La Mela mira a “conoscere la comunità degli utenti senza conoscere i singoli individui nella comunità”. Apple anonimizza le informazioni prima che lascino il dispositivo dell’utente, così che non siano riconducibili all’utente reale.

Secondo quanto dichiara Apple, pertanto, non vengono raccolte molte informazioni relative all’uso specifico che i suoi clienti fanno dei propri dispositivi, al contrario di Google e Meta ad esempio che raccolgono e analizzano con un ampio grado di libertà i dati sulle abitudini e i comportamenti dei loro utenti.

Un esempio semplice, tra i tanti, riguarda Apple TV+: gli ingegneri della Mela, secondo quanto riferito (e dichiarato dalla società stessa) non possono analizzare le modalità con cui gli utenti saltano da un contenuto all’altro. Questo non permette al servizio di streaming di poter fornire suggerimenti e consigli su altri contenuti sulla base delle preferenze dell’utente, una pratica largamente sfruttata da altri servizi concorrenti come Netflix o Disney+.

E vi sarebbero inoltre alcune funzionalità il cui sviluppo si è interrotto, o che non hanno mai visto la luce, proprio perché ritenute non rispettose della privacy dell’utente. In alcuni casi, forse, anche con un eccessivo zelo

Si apprende ad esempio che nel 2019 la Mela era impegnata a sviluppare una funzione che avrebbe permesso agli utenti di utilizzare l’assistente vocale Siri per acquistare app o altri servizi online tramite la propria voce. Il processo di sviluppo si è però arrestato dopo che gli ingegneri Apple non sono stati in grado di trovare una soluzione per aggirare le restrizioni che impediscono a Siri di collegare l’ID Apple di un utente ad una sua richiesta vocale.

Oppure, andando indietro al 2015, un episodio simile ha coinvolto l’app Foto: allora si stava lavorando ad una funzione che avrebbe permesso all’utente di elencare, in ordine cronologico, i luoghi visitati e visualizzare le fotografie scattate in quelle zone. La funzione ha però ricevuto il veto da parte di un ingegnere della divisione privacy, che ha motivato il suo diniego spiegando che la funzione avrebbe potuto rendere più facile per i regimi repressivi poter risalire ai luoghi frequentati da un individuo.

Un caso ancor più eclatante si è verificato a cavallo tra il 2017 e il 2018, quando gli ingegneri Apple erano al lavoro sulla funzione “alza per parlare” di Apple Watch. In quel frangente alcuni dipendenti Apple hanno posto il veto sulla funzione poiché raccoglieva i dati di accelerometri e microfoni, arrivando addirittura a rifiutare la proposta di assumere volontari per mettere la funzione alla prova poiché anche questa prospettiva sembrava, secondo alcuni, oltrepassare i limiti della privacy.