Alieni dove siete? Forse non li troviamo per colpa dell’intelligenza artificiale

Secondo l’astrofisico Michael Garrett, l’intelligenza artificiale potrebbe essere la principale colpevole dei nostri insuccessi nel trovare gli alieni. Questa idea è al centro di un paper di ricerca pubblicato su Acta Astronautica, in cui Garrett avanza una possibile soluzione al paradosso di Fermi.

Pur essendo molto alte le probabilità che esistano altre civiltà nell’universo, dove sono tutti? Perché non siamo ancora entrati in contatto con loro?

Secondo la tesi di Garrett, esposta su The Conversation, l’intelligenza artificiale potrebbe essere il “grande filtro” dell’universo, “un limite così difficile da superare da impedire alla maggior parte della vita di evolversi in civiltà spaziali”.

Garrett guarda al ritmo dei progressi attuali dell’intelligenza artificiale e cita gli sforzi verso la creazione di una superintelligenza artificiale (ASI), capace non solo di superare quella umana ma soprattutto “non vincolata alla velocità di apprendimento degli esseri umani”.

E se questo traguardo non fosse solo un risultato straordinario? E se rappresentasse anche un formidabile collo di bottiglia nello sviluppo di tutte le civiltà, così impegnativo da ostacolarne la sopravvivenza a lungo termine?”, si chiede Garrett.

L’ipotesi è che ci siano ostacoli insormontabili nella linea temporale evolutiva delle civiltà che impediscono loro di svilupparsi in entità spaziali: lo sviluppo dell’intelligenza artificiale potrebbe essere uno di quelli, una vera distruttrice di civiltà progredite.

“Credo che l’emergere dell’ASI […] potrebbe intersecarsi con una fase critica nello sviluppo di una civiltà: la transizione da una specie monoplanetaria a una specie multiplanetaria”, aggiunge Garrett. “È qui che molte civiltà potrebbero vacillare, con l’intelligenza artificiale che fa progressi molto più rapidi della nostra capacità di controllarla o di esplorare e popolare in modo sostenibile il nostro Sistema Solare”.

Il rischio che qualcosa vada storto è enorme e porterà alla caduta sia delle civiltà biologiche che di quelle basate sull’intelligenza artificiale prima che abbiano la possibilità di diventare multiplanetarie”.

L’astrofisico richiama in un certo senso il tema del controllo delle armi, come quelle nucleari, da parte dell’IA. “Ad esempio, se le nazioni si affidassero sempre più e cedessero il potere a sistemi di intelligenza artificiale autonomi che competono tra loro, le capacità militari potrebbero essere utilizzate per uccidere e distruggere su una scala senza precedenti. Ciò potrebbe potenzialmente portare alla distruzione della nostra intera civiltà, compresi gli stessi sistemi di intelligenza artificiale”.

In questo scenario, stimo che la longevità tipica di una civiltà tecnologica potrebbe essere inferiore a 100 anni. Questo è più o meno il tempo che intercorre tra la capacità di ricevere e trasmettere segnali tra le stelle (1960) e l’apparizione stimata dell’ASI (2040) sulla Terra. Si tratta di una durata allarmante se confrontata con la scala temporale cosmica di miliardi di anni”.

Collegando la stima a “versioni ottimistiche dell’equazione di Drake”, la formula matematica usata per stimare il numero di civiltà extraterrestri esistenti in grado di comunicare nella nostra galassia, Garrett suggerisce che, in un dato momento, “ci sono solo una manciata di civiltà intelligenti là fuori. Inoltre, come noi, le loro attività tecnologiche relativamente modeste potrebbero renderli piuttosto difficili da individuare”.

Garrett afferma che il suo studio “non è semplicemente un avvertimento sulla potenziale catastrofe. Serve come un campanello d’allarme affinché l’umanità stabilisca solidi quadri normativi per guidare lo sviluppo dell’intelligenza artificiale, compresi i sistemi militari”.

L’astrofisico ritiene che la sopravvivenza a lungo termine della nostra specie passi non solo per un’attenta gestione dell’IA, ma anche da investimenti massicci per renderci una società multiplanetaria il più presto possibile.

L’umanità si trova a un punto cruciale della sua traiettoria tecnologica. Le nostre azioni ora potrebbero determinare se diventeremo una civiltà interstellare duratura o se soccomberemo alle sfide poste dalle nostre stesse creazioni”, conclude Garrett.